Facebook

Arrivederci amore ciao

Share On GoogleShare On FacebookShare On Twitter

Rassegna cinematografica

Teatro Auditorium Supercinema di Chieti
Via Spaventa, 30/34 – 66100 Chieti
Tel. 0871 40 14 60

“i giovedì d’Autore” è una rassegna cinematografica con appuntamenti riservati ai film di qualità esclusi dai circuiti commerciali con particolare riferimento al cinema italiano ed europeo.

giovedì 30 marzo 2006
orario proiezioni: 18.00 – 20.30 – 22.30
Press Book

Ingresso € 4,00 soci A.C.M.A. € 3,00.
Nei giorni di Rassegna sarà allestito un Punto Tesseramento

Rassegna cinematografica

giovedì 30 marzo 2006: Arrivederci amore, ciao di Michele Soavi

 

 


Tratto dal romanzo di Massimo Carlotto

Massimo Carlotto, Padova 1956, è uno dei principali esponenti della letteratura noir contemporanea, apprezzato sia in Italia sia all’estero. Ha esordito nel 1995 con un romanzo autobiografico, Il fuggiasco. Nel 2003, il regista Andrea Manni, ha realizzato l’omonima pellicola.

Successivamente è nato dalla sua penna il celebre personaggio dell’Alligatore, un investigatore privato, ex cantante di blues ed ex galeotto, con sete di verità e giustizia, protagonista di ben cinque romanzi: La verità dell’Alligatore (1995), Il mistero di Mangiabarche (1997), Nessuna cortesia all’uscita (1999; premio Dessì e menzione speciale della giuria del premio Scerbanenco), Il corriere colombiano (2000) e Il maestro di nodi (2002).

Tra gli altri libri, Le Irregolari (1998) che tratta il delicato tema dei bambini desaparecidos in un’Argentina ancora sconvolta dalla dittatura  del 1973-1986, L’oscura immensità della morte (2004)  incentrato sul tema del perdono e della giustizia che non sempre fa il suo corso, e il recentissimo Nord-Est, scritto a quattro mani con Marco Videtta, che mette in luce retroscena ed ombre del sistema ecomico di una delle zone più industrializzate e produttive del nostro paese, ambientazione costante delle storie – vere – narrate da Carlotto. Tutti i libri, alcuni dei quali sono stati tradotti anche in francese ed in tedesco, sono pubblicati dalle Edizioni  E/O.

Carlotto attualmente vive a Cagliari ed è anche autore teatrale, sceneggiatore e collaboratore di quotidiani e riviste.
Il sito ufficiale di Massimo Carlotto: http://www.massimocarlotto.it/
le pagine dedicarte al film: http://www.massimocarlotto.it/arrivederci-amore.html
Intervista audio-video a Massimo Carlotto:
http://www.nonleggere.it/default.asp?content=%2Fnarrativa%2Frosso1%2Fmassimo%5Fcarlotto%5Ftesto%2Fschedatesto%2Easp


SCHEDA del Film

Titolo originale: Arrivederci amore, ciao
Anno: 2006
Nazione: Francia / Italia
Regia: Michele Soavi
Produzione: Conchita Airoldi e Dino Di Dionisio
Distribuzione: Mikado
Durata: 107′
Genere: drammatico
Interpreti: Alina Nedelea; Alessio Boni; Isabella Ferrari; Carlo Cecchi; Michele Placido
Sceneggiatura: Franco Ferrini, Heidrun Schleef, Marco Colli, Gino Ventriglia, Michele Soavi
Fotografia: Gianni Mammolotti
Musiche: Andrea Guerra
Montaggio: Anna Napoli
Scenografia: Andrea Crisanti
Costumi: Maurizio Millenotti
Uscita in Italia: 24 febbraio 2006
Sito ufficiale: http://www.mikado.it/scheda_film.asp?ID_FILM_MIKADO=213

Sinossi:

Dicembre 1989, crolla il muro di Berlino. La notizia arriva fino ad un avamposto guerrigliero sprofondato in una giungla del Centro America. La sentono Luca e Giorgio, due italiani in fuga.
Terroristi di sinistra, condannati all’ergastolo per una bomba che ha lasciato sul terreno una vittima innocente. Luca capisce che presto anche lì si arriverà alla smobilitazione. Lui, invece, non vuole mollare, non saprebbe dove andare, cosa fare. Giorgio non pensa a nulla, non crede più in niente, gli piacerebbe solo essere uno come tanti, un tipo normale.
Così, freddamente, accetta l’ordine del Comandante Cayetano che vuole sbarazzarsi dell’ingombrante presenza di Luca, ed uccide il suo compagno con un colpo di pistola, mentre la radio gracchia una vecchia canzone di Caterina Caselli, “Arrivederci amore, ciao”. Quell’esecuzione a freddo rappresenta il suo biglietto di ritorno.

Anni dopo, a Parigi, Giorgio chiede aiuto all’Organizzazione dei fuoriusciti, altrimenti minaccia di vuotare il sacco. E l’Organizzazione lo aiuta: dovrà tornare in Italia, consegnarsi alla giustizia e chiedere la revisione del processo.
Nel frattempo qualche irriducibile ergastolano confesserà il suo delitto, e sarà condannato in sua vece…
Trama:
Dal romanzo di Massimo Carlotto.
Giorgio Pellegrini è un extra-parlamentare; un giorno la sua vita prende una piega inaspettata.
Viene spiccato contro di lui un mandato di cattura per azione sovversiva e lui sceglie di fuggire. Nel suo correre via e scrollarsi di dosso la storia politica che lo ha imbrigliato, scopre di provare piacere nell’uccidere e nel tradire.


Sinossi completa:

Dicembre 1989, crolla il muro di Berlino. La notizia arriva fino ad  un avamposto guerrigliero sprofondato in una giungla del Centro America. La sentono  Luca e Giorgio, due italiani in fuga. Terroristi di sinistra, condannati all’ergastolo per una bomba che ha lasciato sul terreno una vittima innocente. Luca capisce che presto anche lì si arriverà alla smobilitazione. Lui, invece, non vuole mollare, non saprebbe dove andare, cosa fare. Giorgio non pensa a nulla, non crede più in niente, gli piacerebbe solo essere uno come tanti, un tipo normale. Così, freddamente, accetta l’ordine del Comandante Cayetano che vuole sbarazzarsi dell’ingombrante presenza di Luca, ed uccide il suo compagno con un colpo di pistola, mentre la radio gracchia una vecchia canzone di Caterina Caselli, “Arrivederci amore, ciao”. Quell’esecuzione a freddo rappresenta il suo biglietto di ritorno. Anni dopo, a Parigi, Giorgio chiede aiuto all’Organizzazione dei fuoriusciti, altrimenti  minaccia di vuotare il sacco. E l’Organizzazione lo aiuta: dovrà tornare in Italia, consegnarsi alla giustizia e chiedere la revisione del processo.

Nel frattempo qualche irriducibile ergastolano confesserà il suo delitto, e sarà condannato in sua vece.

Giorgio segue le istruzioni e si consegna alla polizia italiana. Ma sul suo cammino si para Anedda, vice questore della Digos, e l’ex terrorista da ricattatore diventa ricattato. Anedda, infatti, possiede una prova schiacciante del suo antico crimine. Giorgio vende i nomi dei suoi antichi compagni all’agente Digos, e in cambio, nel giro di due anni, è fuori.

Secondo il Codice Penale una volta scontata la pena dovranno passare cinque anni di buona condotta perché l’ex detenuto possa ottenere la riabilitazione. Giorgio ci mette poco ad accorgersi che i soldi sono l’unico viatico per ottenere il suo personale riscatto. La ricerca dei soldi coincide con una sorta di discesa agli inferi. Spinto dalla necessità e dal caso nel gorgo  nero di una realtà scoppiata, Giorgio si dà da fare con estro ed energia, deciso a raggiungere lo scopo. Gestore di un locale di lap dance, ruffiano, trafficante di droga, non esita  a mettersi in combutta col corrotto Anedda per condurre affari  sempre più loschi.

Conosce Flora, una quarantenne bella ed infelice che lo fa sognare, ma lei lo molla. Spietato anche con se stesso, Giorgio va avanti a muso duro. La sua gang si affolla di personaggi inconciliabili fra loro: Francisca, un’anarchica spagnola, bella come una gatta, nera di occhi e di pensieri, Romo e Tonci, due fratelli croati, crudeli e feroci.

Giorgio e i suoi soci arrivano alla grande  rapina, cui segue l’inevitabile “ammazzatina”. I soci si fanno fuori fra di loro. Giorgio e Anedda rimangono soli, con un  malloppo milionario fra le mani. Dividono e si separano, per sempre.

Ora Giorgio ha i soldi per pagarsi la sua bella riabilitazione. Con l’aiuto di Brianese, un avvocato  cinico e  corrotto, Giorgio  si ritira in  provincia, nel Nord-est, apre un rispettabile ristorantino alla moda, entra nel giro della bella gente. I soldi girano, i guadagni crescono, ci pensa Brianese ad investirli come si deve, in cambio di qualche favore non proprio come si deve. A Giorgio non rimane che sposarsi, in chiesa naturalmente, con Roberta, una brava ragazza acqua e sapone che stravede per lui, affascinata ed atterrita dal suo fosco passato.

La conquista facilmente, fingendo talmente bene il suo pentimento, che quasi quasi ci crede pure lui. Viene fissata la data del matrimonio. La riabilitazione è in arrivo. Tutto sembra andare per il meglio…

Un giorno Giorgio e Roberta visitano la bella casa in cui andranno ad abitare. Roberta attira a sé Giorgio, ma prima di fare l’amore inserisce  un cd che le hanno regalato col giornale:  sono i successi degli anni ’60. La voce della Caselli rimbomba nell’appartamento vuoto e canta “Arrivederci amore, ciao”.

Giorgio si blocca, turbato come da un presagio.

Ed infatti ricompare Anedda che, come sempre, lo ricatta. Senza farsi troppi scrupoli Giorgio lo  uccide, ma Roberta comincia ad intuire qualcosa. Giorgio fa di tutto per stornare i sospetti della fidanzata, ma quella, testarda, non molla. A Giorgio non resta che essere coerente fino in fondo.


Recensioni:
‘Arrivederci amore, ciao’, torna la peggio gioventù
Il film di Michele Soavi nelle sale dal 24 febbraio

La prima pallottola è sempre la più difficile, per le altre basta solo un po’ di sangue freddo. Quasi per paradosso, premere il grilletto in una società irrimediabilmente corrotta potrebbe essere l’unica soluzione per trasformarsi in una persona onesta e rispettabile. Così è in ogni caso per Giorgio Pellegrini, il personaggio interpretato da Alessio Boni in Arrivederci amore, ciao, la nuova pellicola di Michele Soavi tratta dall’omonimo romanzo noir di Massimo Carlotto (esce nei cinema con Mikado il 24 febbraio).
Ex terrorista comunista fuggito in Centro America dopo una condanna all’ergastolo, Giorgio è nascosto in mezzo alla giungla insieme a un compagno di fuga e ad altri guerriglieri, quando una radio gracchiante annuncia una svolta epocale: la caduta del muro di Berlino. Sarà proprio il suo amico, compagno di tante lotte e idealismi, la prima vittima del sanguinoso percorso di “redenzione” di Giorgio.

Già, perché il suo reinserimento nella società pare debba passare necessariamente attraverso il crimine. Al fianco di Boni, poliziotto tormentato di La Meglio Gioventù, c’è il regista di Romanzo criminale Michele Placido, qui nei panni di un corrotto vice questore della Digos, “elegante fuori e marcio dentro”. Come due facce della stessa medaglia, nonostante i ruoli opposti, sono entrambi cattivissimi. Anche in Arrivederci amore, ciao, come nei film di Giordana e Placido, si parla della “peggio gioventù”, di crimini e di corruzione, di terrorismo nostrano e di malavita, quella dell’opulento Nord-Est di oggi. Michele Soavi, che dopo tanto horror è passato alle storie dell’Italia criminale (è sua anche la fiction tv sulle nuove brigate rosse, “Attacco allo Stato”) definisce il suo film, “un noir spietato ed abitato da vapori sulfurei, da climi allucinati ed estremi, rigoroso come una ricerca sul campo, per raccontare uno spaccato sociale paradossale ed inquietante”. “Giorgio Pellegrini, quello che ha sbagliato – ha detto – può essere riabilitato dalla società borghese che un tempo ha rinnegato, soltanto con la sua personale perdizione. La pecora nera che si è macchiata di nera ingratitudine, dovrà tingere la sua anima di nero per poter vivere, insieme a tutti gli altri, in un mondo tutto nero”.

Dopo l’esecuzione dell’amico militante (in sottofondo la radio passa “Arrivederci amore, ciao” di Caterina Caselli), inizia la spirale del crimine. Non solo delitti, ma tutto il peggio che possa fare un uomo, anzi una “carogna”, come lo definiranno gli altri. Delazioni: tornato in Italia, vende i nomi dei suoi antichi compagni all’agente corrotto (Placido) per uscire di galera nel giro di due anni. Tradimenti: frega un amico che gli offre un lavoro in un night prima di seccarne un altro che gli procura la soffiata per il grande colpo. E ricatti: ottiene le prestazioni di una bella donna (Isabella Ferrari) grazie ai debiti di droga del marito. E poi un lungo bagno di sangue, per arrivare infine a una vita normale e all’ipotesi di un tranquillo matrimonio, rigorosamente in chiesa, con una ragazza acqua e sapone. Ma anche in questo caso, come lungo tutto il film, il leit motiv “Arrivederci amore, ciao” suonerà come un presagio di morte.

Paolo Menzione


Recensioni:

(…) Il regista, cultore di un cinema “di genere” e “di paura”, ha fatto un ottimo lavoro ma ha in parte rinunciato alle risonanze politiche che qualificano fortemente romanzo e personaggio originale. (…) Il film costituisce una prova che laurea Alessio Boni, impegnato a fondo nello scolpire un’anima nera senza se e senza ma. Lo accompagnano, tutti all’altezza, gli altri ruoli collaterali a partire da Isabella Ferrari. (…)  Paolo D’Agostini (la Repubblica)

(…) il film è assai dinamico, girato con perenne movimento ansiogeno, con inquadrature parziali (gambe e piedi d’uomini, pani del corpo di donne) e con tutta la violenza del mondo che racconta. (…)   Lietta Tornabuoni (La Stampa)


Recensioni:

“Ha ragione Michele Soavi: erano morti viventi, ora sono vivi morenti. Non solo l’ ex terrorista guerrigliero ’70 (dal libro di Carlotto), che torna a casa e tenta, da spione, di rifarsi una verginità e vincere nel Nord est, insospettato mostro. Infami sono gli accordi col poliziotto corrotto che Michele Placido rende superbo e volgare, di malvagità elisabettiana, come Volontè in ‘Indagine’. Lo spregevole che finirà per acclimatarsi nell’ Italia d’ oggi senza morale né legge, è un Alessio Boni col fascino del male piccolo piccolo, la pìetas di una misurata mostruosità, bravissimo nella ragionata perfidia di un calcolo angusto. Storia ellittica e notturna, dal finale piovoso: siamo tra acque sporche, limacciose. Mini ruolo per un’ Isabella Ferrari di grandi intensità e passione: un noir inquietante che sentiamo sotto sotto ci riguarda, impregnato dei tessuti malati della nostra società.”  Maurizio Porro (Il corriere della sera)


Recensioni:

(…) prosa lucida e tagliente che ritrae la figura di un ex terrorista di sinistra in cerca di una nuova verginità sociale, raggiunta con il cinismo di un assassino imbelle. Soavi non addolcisce la pillola e riporta con una certa franchezza la formazione criminale di un bastardo senza scrupoli. Però, nel tratteggiarne la figura, perde di vista il contesto, quel Nordest feroce che, in Carlotto, è specchio della nuova Italia. (…) Boni non tiene la tensione e tutto rimbalza sulla sua faccia modellata. Peccato, perché la materia, così scottante, poteva dare luogo a riflessioni maggiori.

Dario Zonta (l’Unità)


Recensioni:

“Con Arrivederci amore, ciao” Massimo Carlotto ha assunto il romanzo nero come metafora della realtà contemporanea. Il protagonista del romanzo, Giorgio Pellegrini, è un tipo sfrontato e scanzonato, cinico ma anche sentimentale.
Un ex terrorista che, per sfuggire ad una pesante condanna, si è rifugiato in una selva del Centro-America lambita da un fiume limaccioso. Giorgio vuole tornare indietro, rifarsi una vita rispettabile, costi quello che costi. Di nuovo in Italia, ottenuta la libertà in cambio del tradimento dei suoi ex compagni, si prepara a rientrare nella società.
Paradossalmente il percorso della sua formazione criminale inizia proprio quando sceglie di voler essere un uomo normale. Pellegrini dovrà per forza scegliere il male, senza cedimenti, per liberarsi del passato ed arrivare alla completa riabilitazione. Il suo percorso si rivelerà l’esatto contrario della redenzione”.

Con queste parole il regista Michele Soavi, momentaneamente allontanatosi dal piccolo schermo, riassume la trama della sua ultima fatica, “Arrivederci amore, ciao”, tratta dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto ed il cui titolo proviene da un passaggio del bellissimo motivo Insieme a te non ci sto più, scritto nel 1968 da Paolo Conte e Vito Pallavicini per Caterina Caselli; quello stesso motivo che, fin dai primi minuti di visione, scopriamo essere particolarmente legato ai ricordi di Giorgio, interpretato da Alessio Boni. E non si tratta di ricordi riguardanti i favolosi Anni Sessanta o amori indimenticati, bensì del giorno in cui, alla fine del 1989, in un avamposto guerrigliero nella giungla del Centro America, uccise l’amico Luca, dopo essere venuto al corrente della notizia del crollo del muro di Berlino.

Perché la vicenda che Soavi ci racconta, al cui centro, come da lui stesso accennato, troviamo il tema della riabilitazione, si costruisce interamente sulla figura di un uomo deciso quanto spietato pur di rimanere coerente con la personale idea di cancellare ogni traccia del suo passato, il quale ritorna puntualmente, come una maledizione, ogni volta che le casse dello stereo lasciano uscire la voce di Caterina Caselli. E, tra sequenze di tensione realizzate con la consueta maestria a cui il regista di “Deliria” (1987) ci ha ormai da anni abituati ed un’ottima colonna sonora infarcita di vecchi hit musicali, entrano progressivamente in scena diversi personaggi che avranno non poca importanza nell’insospettabilmente violenta esistenza di Giorgio: il primo è il vice questore della Digos Anedda, con il volto di Michele Placido, in possesso di una prova schiacciante del suo antico crimine, la quale gli sarà utile per ricattarlo; poi c’è Flora, con le fattezze della sempre affascinante Isabella Ferrari, quarantenne bella ed infelice sulla quale gode nell’esercitare il proprio potere, al fine di ricavare i soldi per ottenere il suo personale riscatto, mentre si addentra sempre più in un peccaminoso gorgo di loschi affari, rapine e traffico di droga. Infine, la romantica e sognatrice Roberta, interpretata da Alina Nedelea, affascinata da Giorgio nonostante sia al corrente del suo passato da terrorista. Ed il racconto, triste specchio della corrotta, odierna società, non risulta mai prevedibile, grazie all’invidiabile capacità di Soavi di portarci continuamente fuori strada per far sì che ogni evento giunga inaspettato, mentre, come già recentemente successo con quel gioiellino intitolato Romanzo criminale (2005), diretto dal succitato Placido, veniamo invitati a riflettere su quanta invisibile criminalità si nasconda tra i comuni mortali, sebbene il look del lungometraggio, in generale, non si discosti molto da quello delle fiction televisive.
In ogni caso, nello stantio panorama cinematografico tricolore, è sempre preferibile una buona fiction da proiettare su grande schermo che un pessimo film da vedere in tv.
La frase: “Giurami che sei pentito, giurami che non sei più comunista!”.

Mirko Lomuscio


Recensioni:

Giorgio è un terrorista di sinistra condannato all’ergastolo e rifugiato in un avamposto guerrigliero nel Centro America. Nel 1989, col crollo del muro di Berlino e successive smobilitazioni, Giorgio decide di rientrare in Italia ma soltanto per tornare ad essere un uomo normale. Consegnatosi alla polizia italiana, come da copione e su suggerimento del vice questore della Digos, Anedda, l’ex-terrorista “canta”, rivelando i tanti nomi dei suoi vecchi compagni. Scontata una pena minima in carcere, il Codice Penale prevede cinque anni di buona condotta per ottenere la riabilitazione e Giorgio la vuole ad ogni costo e con ogni mezzo. La strada verso la reintegrazione sociale abbatterà vite colpevoli e innocenti. Giorgio non ripara, non risarcisce, non si pone interrogativi morali e i suoi delitti restano senza castigo.

L’ultimo film di Michele Soavi è tratto dal romanzo di Massimo Carlotto e senza mezzi termini racconta la parte peggiore della generazione giovane degli e negli anni ’70. La visione del regista dei famigerati anni di piombo è tutt’altro che romantica e ribellistica, la lotta armata e i suoi crimini sono storia vera. Di quella peggio gioventù, Soavi sceglie il peggio: un’idealista senza una forte connotazione ideologica che confluisce nell’organizzazione terrorista quasi a sfogare una spontanea inclinazione al crimine. L’ex terrorista, interpretato in maniera convincente da Alessio Boni, è credibilmente e definitivamente cattivo. Il suo personaggio, contrappasso del Matteo Carati arruolato in polizia ne La Meglio Gioventù, non ha sfumature, non ha cedimenti, non ha redenzione. Giorgio acquista, perché la paga, la riabilitazione e il codice fiscale, ribadendo la sua aggressività e riconfermando la vocazione alla prevaricazione. Il finale crudele, ambientato nel nord-est di un’Italia mai così cruda e nera, non rassicura lo spettatore ma resta addosso come la canzone di Caterina Caselli, magnifica ma privata da Soavi della connotazione leggera. Perché anche lo spettatore dovrà morire “un po’ per poter vivere”.
Marzia Gandolfi


Recensioni:

“Dalla banda della Magliana a certi “pentiti” anni ’70. Da ‘Romanzo criminale’ a ‘Arrivederci amore, ciao’. Due libri, prima che film, scritti guardando al genere ma con cognizione di causa. De Cataldo ha seguito da magistrato il processo alla banda romana. Carlotto le prigioni le ha viste da dentro. Il risultato sa di pulp ma allude a certa Italia di oggi, corrotta, delinquenziale, pronta a tutto. (…) ‘Soggettive’ di alligatori, staffilate di humour noir, ricatti finanziari e sessuali, l’ombra di un amore impossibile (Isabella Ferrari, più carogna di lui). E rapine, pestaggi, esecuzioni, doppi giochi, sparatorie. Un crescendo di infamie che Soavi impagina con grinta e inventiva azzeccando anche tutti i comprimari. Fino all’agognato ritorno alla normalità, con ulteriori efferatezze, che invece è fiacco e improbabile. Peccato: ma il film resta nervoso, disinibito, molto interessante.”
Fabio Ferzetti (Il Messaggero)


Recensioni:

“Il regista, cultore di un cinema di ‘genere’ e di ‘paura’, ha fatto un ottimo lavoro ma ha in parte rinunciato alle risonanze politiche che qualificano fortemente romanzo e personaggio originale. (…) Il film costituisce una prova che laurea Alessio Boni, impegnato a dare fondo nello scolpire un’anima nera senza se e senza ma. Lo accompagnano, tutti all’altezza, gli altri ruoli collaterali a partire da Isabella Ferrari. Michele Placido memorabile agente della Digos corrotto. Di più: un abisso di corruzione.”

Paolo D’Agostini (la Repubblica)


Recensioni:

“Violento, incalzante, cattivista, sensuale. E, soprattutto, un film (se vi sembra poco pensate al resto del cinema italiano). Con ‘Arrivederci amore, ciao’ Michele Soavi dimostra che non sono sfiorite le promesse di ‘DellaMorte DellAmore’ (1994) e non possiamo permetterci di tenere a bagnomaria un talento così disinibito e non omologato. (…) Soavi conosce e ama il cinema di genere, ma le citazioni che scandiscono la cupa parabola non sono mai fini a se stesse: tanto è vero che tra Hitchcock (‘Psyco’), De Palma (‘Carlito’s Way’) e Rodriguez/Miller (‘Sin City’) si fa strada anche l’eco aspra e irridente del poliziesco politicizzato anni Settanta (‘Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto’). (…) Restano gli strappi sincopati, i geniali contrappunti musicali, le scolpite figure comprimarie e, soprattutto, un repertorio di soluzioni narrative che bisognerebbe far studiare per legge ai nostrani campioni del cinema ombelicale.”

Valerio Caprara (Il Mattino)


Il ritorno alla regia cinematografica di Michele Soavi, dopo la parentesi televisiva, è forse una spanna al di sopra delle sue opere precedenti. Il merito è soprattutto del materiale di partenza, un noir per certi versi devastante sortito dalle mani esperte di Massimo Carlotto. Ma anche di un’ottima fotografia, di una regia come sempre versatile e di interpreti bravi (Boni sembra ormai tagliato per questo genere di ruoli).
Lo sguardo sul mondo della militanza politica italiana poi prestatasi alla malavita è lucido e cinico, talmente cinico che Soavi è costretto a volte a tingerlo di toni ironici e grotteschi.
Un film che si pone sulla scia del nuovo noir italiano, inaugurato da “L’imbalsamatore”. Nel solco della ricognizione sulle ombre del nostro recente passato iniziata da Giordana e Bellocchio e proseguita da Placido. Con in più una gustosa libertà stilistica e un amore per il genere che può permettersi solo un onesto reduce della tradizione artigiana come Soavi (che si diverte a citare Bava e Hitchcock).

E con un durezza d’intenti, un feroce realismo non consolatorio, che al momento si ritrovano solo nell’ultimo film di Allen.
Daniele Vecchio 


Dichiarazioni:

Mi ha attirato lavorare a questo progetto perché sono in genere molto attratto dalle fiabe e in qualche modo questa possiamo chiamarla una fiaba, come raccontiamo il nostro paese. Siccome il nostro è un paese dei balocchi ; c’è Pinocchio, c’è il Gatto e la Volpe e c’è anche la Fata Turchina È un film di Zombie se vogliamo, di persone che spariscono e sembrano disperse che poi come fantasmi ritornano. È un film abbastanza rischioso perché racconta di tutti che fregano tutti; tutti che cercano di sopprimere tutti è difficile distinguere quel poco di buono che c’è nei caratteri. Sono tutte persone umane che hanno famiglia; chi mangia, chi dorme, chi ruba. Soprattutto è una fotografia della nostra società

Michele Soavi – Regista


Intervista:
Presentato alla stampa “Arrivederci amore, ciao”, diretto da Michele Soavi con Michele Placido, Alessio Boni e Isabella Ferrari.

Abbiamo incontrato i protagonisti insieme a Massimo Carlotto, autore del libro da cui è tratto il film.
di: Daniele Vecchio

Massimo Carlotto, come è nata l’idea del romanzo? E come ha giudicato la trasposizione cinematografica di Soavi?
Massimo Carlotto: Innanzitutto devo dire che sono soddisfatto del lavoro di Soavi, anzi ne sono entusiasta. Lo spirito del libro è stato rispettato rigorosamente. Con il mio romanzo volevo riflettere su fatti terribili ma reali. Volevo raccontare la parte peggiore della mia generazione, descrivendo il modo in cui si è andata formando negli anni una nuova figura di criminale, che cerca di ripulirsi la fedina penale per potersi integrare in società, ma che per farlo è disposto a tutto. C’era poi un’attenzione particolare alla realtà politica e industriale del Nord-est, che ha trovato nell’interpretazione di Carlo Cecchi dell’avvocato Brianese un perfetto rappresentante.

Lei ha detto che la storia racconta delle verità. Anche per quanto riguarda l’ambiguità di certi rivoluzionari?
M.C.: C’è anche questo. Negli anni della contestazione e del terrorismo c’era chi entrava nel movimento perché si stava meglio che in famiglia.

Per Michele Soavi deve essere stato un film duro e faticoso.
Michele Soavi: Effettivamente lo è stato. Anche per come è stato impostato l’intero progetto. Questo è un film in cui non ci sono finali consolatori, buonismi o provvidenziali deus ex machina. Abbiamo cercato di evitare ipocrisie e di mirare con coraggio al cuore stesso del problema. E il coraggio, devo dire, è stato soprattutto della produzione. Poi per me c’era anche l’occasione di esulare dal genere in senso stretto, per affrontare una storia realistica. In questo mi ha molto aiutato l’esperienza in televisione.

Il film però non evita incursioni nei toni grotteschi e a volte quasi comici.
M.S.: Sì, si trattava di smorzare i toni perché il film rischiava di essere troppo duro. E anche di rilevare attraverso l’ironia un fondo di verità, ad esempio nel rappresentare il modo in cui è amministrata la giustizia.

Alessio Boni, ha pensato a un ‘non-parallelo’ con il suo personaggio in “La meglio gioventù”?
Alessio Boni: Si consiglia sempre a chi fa questo mestiere di essere prudenti. Quando ho letto la sceneggiatura era al contempo turbato e attratto dalla storia. Con il mio agente abbiamo deciso che questo era un ruolo importante e così ho superato le iniziali titubanze. Ma quando lavoro ad un film decido di concentrarmi sul ruolo e di evitare confronti di alcun tipo con le mie passate esperienze.

Michele Placido, perché secondo lei le cose migliori del nostro cinema vengono dopo “La meglio gioventù”? E soprattutto perché sembriamo dare il meglio guardando al lato oscuro della nostra storia?
Michele Placido: Presentando “Romanzo criminale” a Berlino il film ha avuto recensioni entusiaste. E nelle interviste i critici partivano tutti dalla sua domanda. Credo che “La meglio gioventù” sia un piccolo miracolo. Ma soprattutto oggi si può tornare a girare secondo la lezione di Rosi. Parliamo di cinema, ma al termine di questo percorso a me interessa anche contribuire alla ricostruzione della verità su quello che è accaduto. Mi piacerebbe ad esempio sapere chi ha ucciso Falcone e Borsellino.


Intervista:

20 Febbraio 2006 – Conferenza Stampa “Arrivederci amore, ciao”
Intervista a Massimo Carlotto e il cast.
di Mirko Lomuscio

Tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto, arriva nelle sale cinematografiche italiane Arrivederci amore, ciao, ritorno al grande schermo per Michele Soavi. Scrittore e regista, affiancati dal cast e dalla produttrice Conchita Airoldi, hanno incontrato a Roma la stampa.

Massimo, tutto inizia dal tuo libro…
Massimo Carlotto: Sì, e devo dire che, come autore del romanzo, sono assolutamente entusiasta di questo film, in quanto rispecchia il senso di ciò che ho scritto. Gli attori, poi, sono straordinari e riflettono perfettamente i personaggi che avevo pensato.

E quale era il senso del libro?
Massimo Carlotto: Volevo raccontare la parte peggiore della mia generazione, poi m’interessava tratteggiare la nuova figura del criminale, il quale ritiene necessario ripulire la propria fedina penale per rientrare a far parte della società.

E Soavi cosa pensa di questo film?
Michele Soavi: Per me è stato un film differente da quelli che ho fatto prima, anche perché nel giallo e nel thriller siamo abituati al finale consolatorio che sistema sempre tutto. Credo sia oggi necessario raccontare un cinema di genere senza dover ricorrere per forza al lieto fine, la cosa che maggiormente mi attirò del libro fu proprio il finale “nero”.

A chi è venuta l’idea di farne un film?
Conchita Airoldi: Lessi io il libro, me lo diede l’agente di Massimo Carlotto, e pensai subito a Michele Soavi come regista, insieme al quale già avevo fatto Dellamorte Dellamore. Ed anche lui, dopo averlo letto, disse che voleva assolutamente farlo.

Michele, che impressione ti fa, dopo La meglio gioventù e Romanzo criminale, vedere che le cose migliori del cinema italiano degli ultimi anni riguardano il lato oscuro del nostro paese?
Michele Placido: Credo che non sia avvenuto tutto in modo così casuale. La meglio gioventù è stato un miracolo, poi ho notato che anche i giornalisti francesi, parlando di Romanzo criminale, ricorrevano al film di Marco Tullio Giordana.

Parliamo degli elementi femminili della storia…
Massimo Carlotto: Per un periodo ho avuto una visione romantico-ribellistica della criminalità, poi ho cambiato idea. In questi ambienti, comunque, le donne hanno sempre rappresentato i personaggi deboli.
Isabella Ferrari: Il romanzo l’ho letto dopo aver letto la sceneggiatura. Mi piace Michele Soavi, è un regista pulp che ha una sua personale ossessione. Poi ho letto il libro ed ho voluto fare Flora fino all’osso.
Alina Nedelea: Io vi consiglierei di guardare il lato positivo di questo film: ora i mariti hanno trovato la giusta colonna sonora per uccidere le proprie mogli (ride).

Sebbene si tratti di una storia realistica, Arrivederci amore, ciao è raccontato con un aprticolare stile visionario…
Michele Soavi: Dopo anni di palestra televisiva, sono tornato al cinema cimentandomi per la prima volta con una storia realistica, fatta di personaggi veri, palpabili, ma l’ho affrontata come una storia vera con un pizzico di distorsione visionaria.

Michele, tornerai a dirigere un film?
Michele Placido: Per ora so che finanzierò il film di Tony Trupia, un giovane regista diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia; anche come provocazione nei confronti dei finanziamenti che non vengono dati, noi che abbiamo avuto tanto dobbiamo in qualche modo stimolare questa situazione.

Per interpretare il tuo personaggio, ti sei forse ispirato al Gian Maria Volonté di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto?
Michele Placido: Sì, Gian Maria era un maestro!

Tu Alessio, ti sei ispirato a qualche cattivo?
Alessio Boni: Io studio e faccio i miei personaggi senza scimmiottare nessuno, ho rivisto tanti cattivi, da Scarface a Quei bravi ragazzi, al citato Gian Maria, comunque mi ha aiutato molto il romanzo.

La canzone aveva nel libro lo stesso spazio?
Massimo Carlotto: Beh, sì…
Conchita Airoldi: Pensate che a Caterina Caselli il film è piaciuto talmente tanto che, pochi giorni dopo, si è presentata con il nuovo arrangiamento della canzone, facendoci questo bel regalo!


Biografia:
Nato a Milano nel 1957, Michele Soavi muove i primi passi verso il cinema accanto ad Aristide Massaccesi, alias Joe D’Amato, e a Lamberto Bava, per cui ha lavorato come aiuto regista in “La casa con la scala nel buio”, “Blastfigther” e “Dèmoni”. Molto importante l’incontro con Dario Argento: Soavi è stato assistente alla regia per il film “Tenebre” e successivamente aiuto regista per “Phenomena” e “Opera”, realizzando anche, nel 1985, il documentario Dario Argento’s world of horror, acclamato da pubblico e critica di tutto il mondo. Nel 1987 firma “Deliria”, suo primo lungometraggio che ha vinto al Festival francese di Avoriaz e a Tokio, e l’anno seguente lavora come regista della seconda unità de “Le avventure del Barone di Munchausen” di Terry Gilliam. Con l’originale regista britannico, Soavi ha collaborato anche ultimamente per “I Fratelli Grimm”, con Matt Demon nel cast.

Sulla scia del successo di “Deliria”, Dario Argento lo sceglie per dirigere La Chiesa (1989) e La Setta (1991), opere che consacrano il regista milanese come una personalità di spicco del “new horror” degli anni ’90, anche in Europa e negli Stati Uniti. Ad un certo punto, però, Soavi vuole distaccarsi dall’etichetta di “erede” cinematografico di Argento e stupisce tutti, nel 1994, con Dellamorte Dellamore, tratto dall’omonimo romanzo di Tiziano Sclavi, il creatore di Dylan Dog. La pellicola, interpretata da Rupert Everett e Anna Falchi, mescola il genere horror al black humour inglese, tra grottesco, splatter e opera morale di meditazione sul destino e sull’amore. Il filo rosso che collega tutti i suoi film è la passione per la pittura: “In Dellamorte Dellamore mi sono ispirato a Magritte, Boechlin e a Friedrich – ha affermato – Ne La Chiesa, invece, cito esplicitamente l’illustratore Boris Vallejo”.

Dopo un periodo lontano dagli schermi, dedicato a numerose campagne pubblicitarie, Soavi torna dietro la macchina da presa nel 1999 per il film per la televisione (targato Mediaset) Ultimo 2 – La sfida, basato sulle vicende dell’ufficiale dei Carabinieri che condusse le operazioni di cattura del boss mafioso Totò Riina. Raoul Bova, in modo molto convincente, veste i panni del protagonista in questa serie e in quella successiva, nel 2003, che ottennero ottimi ascolti. Ma a rappresentare meglio il connubio tra il medium televisivo e la poetica visionaria di Soavi è Uno bianca (2000), opera apprezzata da oltre dodici milioni di spettatori ed osannata dalla critica per il ritmo, la forza drammatica e la grande interpretazione di Kim Rossi Stuart. Grazie ai consensi di questa produzione, il regista ha continuato a lavorare incessantemente per la televisione negli ultimi quattro anni: nel 2001 è la volta de Il testimone e San Francesco, che vedono Bova di nuovo come attore principale, mentre il 2002 è l’anno de L’ultima pallottola, storia del serial killer Donato Bilancia che ha il volto di un intenso Carlo Cecchi.

Per questa stagione, infine, c’è molta attesa per la fiction Mediaset (divisa in due puntate di 100′ ciascuna) Attacco allo Stato, ispirata alla storia più recente delle Brigate Rosse, dall’omicidio di Massimo D’Antona nel maggio 1999 alla sparatoria sul treno Roma-Firenze in cui rimase ucciso, durante un conflitto a fuoco, Mario Galesi, fino all’arresto di Nadia Lioce nel marzo 2003. L’intreccio narrativo è incentrato sulle indagini che portarono all’arresto dei brigatisti coinvolti in questi tragici fatti di sangue, e Raoul Bova è stato scelto ancora come protagonista maschile. Al suo fianco, Soavi ha diretto anche Teresa Saponangelo, Antonello Fassari, Nini Bruschetta e Fabio Troiano.


Filmografia:

DELLAMORTE DELLAMORE

Interpreti: Stefano Masciarelli, Barbara Cupisti, Anna Falchi, François Hadij-Lazaro, Rupert Everett

Durata: h 1.46
Nazionalità: Italia, Francia 1993
Genere: horror

LA SETTA

Interpreti: Kelly Curtis, Herbert Lom, Mariangela Giordano, Tomas Arana

Durata: h 1.56
Nazionalità: Italia, Francia 1991
Genere: horror

Chiesa, La (1988)
Cathedral of Demons

Deliria (1987)
StageFright: Aquarius

Mondo dell’orrore di Dario Argento, Il (1985)
Dario Argento’s World of Horror

Valley, The (1985)


Note:

Al debutto nelle sale italiane, il film ‘Arrivederci amore, ciao’ è balzato a sorpresa in testa al box office.

Il protagonista del film è l’attore, psicologo e ambasciatore dell’Unicef, Alessio Boni, che potremo vedere dal 31 marzo al cinema in un altro film: ‘Viaggio segreto’, di Roberto Andò, con Claudia Gerini e Donatella Finocchiaro.
Alessio Boni racconta al microfono di Arianna Finos, che una recente proposta di lavoro, lo ha allettato, ma anche spaventato: quella di interpretare in un film il pittore Caravaggio.

 

 


Note di regia:

Con “Arrivederci amore, ciao” Massimo Carlotto ha assunto il romanzo nero come metafora della  realtà contemporanea. Il protagonista del romanzo, Giorgio Pellegrini, è un tipo sfrontato e scanzonato, cinico ma anche sentimentale. Un ex terrorista che, per  sfuggire ad una pesante condanna, si è rifugiato in una selva del Centro-America lambita da un fiume limaccioso. Giorgio vuole tornare indietro, rifarsi una vita  rispettabile, costi quello che costi. Di nuovo in Italia,  ottenuta la libertà in cambio del tradimento dei suoi ex compagni, si prepara a rientrare nella società. Paradossalmente il percorso della sua formazione criminale inizia proprio quando sceglie  di  voler essere un uomo normale. Pellegrini dovrà per forza scegliere il male, senza cedimenti, per liberarsi del passato ed arrivare alla completa riabilitazione. Il suo percorso si rivelerà l’esatto contrario  della redenzione.
Come in un’orribile e al tempo stesso autoironica ossessione, il nostro eroe anela alle pantofole, ma è costretto a praticare la più cruda violenza.

Si macchierà  di delitti, all’interno di una vicenda nera che più nera non si può, legata alla cronaca di un tempo impazzito, dove i valori non hanno più valore. Mi piace il salto operato in questo romanzo che, come dice Carlotto, vuole essere prima di tutto un’indagine senza veli sul mondo contemporaneo. Niente più ricerca dei colpevoli: tutti sono colpevoli; niente più ricerca della verità: l’unica verità è la morte. Giorgio Pellegrini, quello che ha sbagliato, può essere riabilitato dalla società borghese che , un tempo, ha rinnegato, soltanto con la sua personale perdizione. La pecora nera che si è macchiata di nera ingratitudine dovrà tingere la sua anima di nero per poter vivere, insieme a tutti gli altri,  in un mondo tutto nero. Un noir spietato ed abitato da vapori sulfurei, da climi  allucinati ed estremi, rigoroso come una ricerca sul campo, per raccontare uno spaccato sociale paradossale  ed inquietante.

Ho girato cosi un film  ossessivamente a fuoco: i personaggi, la scenografia, la natura stessa. Come riferimento “Il coltello nell’acqua” di Polanski, quel lago misterioso sempre sullo sfondo, quell’acqua scura da cui sembra dover emergere, da un momento all’altro, un essere fantastico. Ecco, l’acqua è un elemento importante del film, ma non un’acqua limpida,  che lava,  catartica. Un’acqua nera, invece, l’acqua  dei canali del nord est, da cui si levano vapori e nebbie. Un’acqua che riporta  sempre Giorgio al suo passato, all’acqua di quel fiume del Centro-America, acqua melmosa che imprigiona chi, avventatamente, ci cammina dentro e lo trascina giù, nel fango. Le immagini e le inquadrature sono in perpetuo movimento perché nel loro divenire determinano un’inquietudine sempre presente, un’attesa di  qualcosa che dovrebbe definirsi ma rimane sempre in sospeso.

Gli squarci visionari del film  nascono tutti nella testa del protagonista, è lui che, a tratti, perde il controllo dei  suoi pensieri e ritorna indietro nel tempo, ai suoi incubi ed ai suoi rimorsi.

Vedo questo film come un film necessario, una metafora sul mondo che cambia ma non sa dove andrà, sulla realtà contemporanea. Una realtà prorompente ed invasiva come  un’inondazione che porta con sé melma e detriti, proprio come fa un fiume in piena.


Note di Massimo CARLOTTO, Autore del Romanzo:

L’idea di Arrivederci amore, ciao nasce dal desiderio di scrivere un romanzo sulla parte peggiore della mia generazione. Quella che ha imboccato la scelta scellerata della lotta armata e, una volta sconfitta, ha scelto di non pagare il conto con la giustizia e tra pentitismo, delazione e ricatti é riuscita a evitare l’ergastolo. La storia di alcuni personaggi di questo tipo che, successivamente, hanno scelto di entrare nella malavita mi ha offerto la possibilità di sviluppare altri aspetti della figura del criminale “moderno”. Prima di tutto la quotidianità, le relazioni umane e amorose per cercare di svelare il “male” che guida ogni loro azione. Riflessione necessaria per chi, come il sottoscritto ha avuto, come dato culturale della propria generazione, una concezione romantico-ribellistica della malavita. A quel tempo, con le dovute forzature ideologiche, poteva avere un senso ma oggi non può esistere nessun tipo di giustificazione, nemmeno sociologica, nei confronti di una criminalità che si è rivelata nemica assoluta della nostra società. Inoltre mi interessava raccontare al lettore come stava cambiando la figura del “professionista” in un universo malavitoso sempre più stratificato per livelli di “cultura criminale”.

Il personaggio, Giorgio Pellegrini, capisce l’importanza di ripulire il proprio passato e di ricostruirsi un’immagine di cittadino modello per uscire dalla marginalità a cui era costretto dalla propria fedina penale. E fa di tutto – ma proprio di tutto – per riuscirci. Questo il romanzo. Anche il film, con un’ottima selezione del complesso materiale del libro, sviluppa la trama con questo taglio narrativo. Come autore non solo sono soddisfatto della trasposizione cinematografica ma ne sono veramente entusiasta. Da parte di tutti coloro che hanno lavorato alla sua realizzazione c’è stato un grande rispetto dei temi e dei personaggi del romanzo. Sono rimasto colpito dalla profondità di analisi del mio lavoro che ho potuto verificare parlando con Michele Soavi, Alessio Boni e il “cervello” di tutta l’operazione, Conchita Airoldi. Ho anche apprezzato molto le parole che Isabella Ferrari ha speso pubblicamente sul mio romanzo. Osservando dall’esterno le varie fasi di lavorazione ho sempre avuto l’impressione di una sorta di entusiasmo collettivo che ha dato una forza particolare a questo lavoro. Sono certo che i miei lettori rimarranno assolutamente soddisfatti di questo bel film che merita davvero un grande successo.


WEB Recensioni:
http://www.capital.it/trovacinema/scheda_film.jsp?idContent=302914
http://www.kataweb.it/film/arrivederciamoreciao/
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=43532
http://www.filmscoop.it/film_al_cinema/arrivederciamoreciao.asp
http://www.cinematografo.it/dati/scheda.asp?sch=44941
http://www.cineuropa.org/making.aspx?lang=it&documentID=999
http://www.35mm.it/film/scheda.jsp?idFilm=27852
http://filmup.leonardo.it/sc_arrivederciamoreciao.htm
http://www.aip-filmitalia.com/film.asp?lang=ita&documentID=27585
http://www.edizioni-eo.it/film arrivederciamoreciao.htm
http://www.italica.rai.it/index.php?categoria=cinema&scheda=arrivederciamoreciao

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.