All’interno di #Docudì2019 sono programmati tre appuntamenti (15 marzo, 26 aprile e 10 maggio) per presentare – fuori concorso – cinque documentari d’arte che raccontano le opere di artisti internazionali da Gianni Novak a Matthias Brandes e Lawrence Carroll.
La Rassegna è curata da Anthony Molino.
Anthony Molino, curatore della rassegna Docudì di cinque film d’arte, è psicoanalista di formazione anglo-americana e pluri-premiato traduttore di letteratura italiana in inglese. Da quasi 25 anni vive e lavora in Abruzzo. Ha tradotto in inglese i poeti Valerio Magrelli, Lucio Mariani, Mariangela Gualtieri, Luigia Sorrentino, Paolo Febbraro e Antonio Porta, nonché commedie di Manlio Santanelli e Eduardo De Filippo. Nel 2018 la sua traduzione de Il diario di Kaspar Hauser di Febbraro (Brescia: Edizioni l’Obliquo, 2003) è stato premiato quale migliore traduzione di un libro di poesia italiana in inglese dalla Academy of American Poets, la più prestigiosa istituzione letteraria americana. Da sempre attento alle intersezioni tra la psicoanalisi e altre discipline (ha pubblicato importanti ricerche su psicoanalisi e buddismo, nonché su psicoanalisi e antropologia), da qualche anno Molino si interessa all’arte, di cui scrive per la rivista online Aracne nella rubrica Raccordi).
E’ membro del Comitato Scientifico della rivista Journal of Italian Translation della City University di New York, per la quale in ogni numero presenta il lavoro di un artista italiano.
Venerdì 15 Marzo DOCUDÌ d’Arte
Tre giorni con Matthias Brandes di Marco Agostinelli 19′ 11” / 2018
Una scultura di Beverly Pepper di Marco Agostinelli 14′ 25” / 1998
Marco Agostinelli è nato a Panicale (Pg) nel 1961. Vive e lavora a Venezia dal 2007. Nell’arco della sua carriera ha realizzato oltre 120 documentari e videoarte.
Regista di film che attenzionano prevalentemente l’arte moderna e contemporanea, in alcune sue opere si è rivolto anche al mondo dell’archeologia e di musei di arte antica, quali i Musei Capitolini ed altri. Suoi lavori sono stati presentati in musei e festival di tutto il mondo, tra cui: il Centro Pompidou di Parigi, la National Gallery di Washington, la New York University, il Museo della Permanente e l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, il Museo Archeologico di Napoli, i Musei Capitolini di Roma, i Musei Civici di Venezia, il Festival del Cinema di Locarno, il Viper Film Festival di Basilea, e la Biennale di Venezia.
Nell’anno 2000 è stato insignito del Premio alla Carriera nell’ambito del 18° Festival del Cinema di Montreal.
Accademico di merito dell’Accademia Pietro Vannucci di Perugia, Marco Agostinelli è considerato tra i maggiori esponenti del documentario sull’arte, e il suo linguaggio narrativo è tra i più significativi e innovativi degli ultimi anni. Spesso il suo approccio narrativo è intimo e romantico, riuscendo a stringere uno stretto rapporto con la storia e il personaggio da raccontare. Lavora quasi sempre da solo. Un vero videomaker ante litteram, sono suoi anche i montaggi dei film e a volte le musiche. Negli ultimi anni si è occupato anche di documentari a carattere sociale, legati al mondo dell’immigrazione, dell’alto artigianato e della disabilità.
Matthias Brandes nasce a Bochum (Nordrhein-Westfalen) in Germania. Dal 1969 al 1976 studia pittura, storia dell’arte e pedagogia all’Accademia ed all’Università di Amburgo. Abilitato all’insegnamento liceale nel 1979 si dedica in seguito esclusivamente alla pittura, scegliendo di vivere oltreché ad Amburgo anche vicino Venezia per parte dell’anno, a Meolo, dove poi si trasferirà con la famiglia nel 1993.
La sua prima mostra personale è del 1985, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo. Seguiranno decenni di intensa attività in tutto il mondo – dappertutto in Europa, negli USA, persino in Cina e Corea – con inclusione di sue opere in importanti collezioni pubbliche e private mentre partecipa regolarmente alle principali fiere d’arte.
Come si evincerà dal film di Agostinelli, il suo linguaggio artistico evoca la sospensione del tempo, tra contemplazione e meditazione. Esplora in modo sistematico e profondo il valore simbolico della casa, spazio in cui la nostra individualità, i nostri ricordi, sono protetti e riservati. Le sue case volanti sono un universo magico dove ogni oggetto può volare e assumere le simbologie più fantasiose, stravolgendone prospettive e significati. I “tre giorni” con lui aprono allo spettatore anche la casa dell’artista, dove non soltanto è visto al lavoro ma dove si potranno apprezzare, anche se forse in modo soltanto implicito, le motivazioni dietro alla scelta di Brandes di fare dell’Italia – paese fonte per lui inesauribile di bellezza – la propria casa.
Sito web www.matthias-brandes.com Matthias.Brandes
Beverly Pepper è conosciuta per le sue opere monumentali e architettoniche, in particolare per alcuni interventi di land art e di connective-art.
Il suo percorso artistico si snoda tra due culture e due continenti: gli Stati Uniti, dove è nata, e l’Europa, in particolare l’Italia. Nata a Brooklyn nel 1922, dove compie i primi studi, dopo la seconda guerra mondiale, nel 1949, si trasferisce a Parigi, per studiare pittura con Fernand Léger e André Lhote all’Académie de la Grande Chaumière. Qui frequenta atelier di artisti come Zadkine e Brâncuși. Visita l’Italia e si trasferisce nel 1951 a Roma, grazie ad una borsa di studio per la pittura ottenuta dal Ministero degli Affari Esteri. Durante il periodo romano frequenta il Gruppo Forma 1, composto dagli artisti Giulio Turcato, Piero Dorazio, Pietro Consagra e Achille Perilli; a Roma conosce Toti Scialoja e Renato Guttuso, nonché poeti, attori, critici e registi quali Fellini, Antonioni, e Pontecorvo. Inizia così la sua grande avventura italiana, che quest’anno – dopo quasi settant’anni dal suo arrivo in Italia – la vedrà omaggiata dalla sua città d’elezione, Todi, in Umbria con una serie di manifestazioni e l’inaugurazione di un parco a lei intitolato.
Il film di Agostinelli, Una scultura di Beverly Pepper, ci presenta l’artista mentre lavora ad un’opera concepita per un altro, famoso, parco di sculture, quello di Celle in provincia di Pistoia, appartenente al grande collezionista italiano Giuliano Gori. In una visione arricchita dalle riflessioni della Pepper, lo spettatore non solo “entra”, fisicamente, nell’opera e nello spazio circostante ma esplora, assieme all’artista, la privilegiata relazione che questa propone da sempre, tra la scultura, lo spazio e il paesaggio naturale e storico.
Sito web www.beverlypepper.net
Evento goo.gl/q9r1jF
INFO www.webacma.it/docudi-2019
seguiranno
Venerdì 26 Aprile DOCUDÌ d’Arte
– Gianni Novak, bellezza un concetto indefinibile di Lucilla Salimei
– Carlo Montesi pittore di Lucilla Salimei
Venerdì 10 Maggio DOCUDÌ d’Arte
– Lawrence Carroll di Simona Ostinelli
RIFLESSI STAMPA
Trackbacks/Pingbacks